West Bank: “Un giorno sulla mia terra vale una vita”

Copertina: Mariam Hammad indica il suo appezzamento di terreno in lontananza, dove è stato costruito l’avamposto israeliano illegale di Amona. Lei non ha potuto mettere piede sulla sua terra per decenni [Shatha Hammad / Al Jazeera]

Un proprietario terriero palestinese racconta la sua storia di perdita e di speranza, come Israele legalizza il furto di terreni privati da parte dei coloni.

Zena Tahhan e Shatha Hammad,  9 FEBRUARY 2017
Silwad, Cisgiordania occupata –  Mariam Hammad, 83 anni, osserva da lontano con uno dei suoi nipoti  l’evacuazione dell’avamposto di  Amona con i camion che fanno la spola tra  Amona e il vicino insediamento israeliano di Ofra, Mariam rimane scettica, interrogandosi sulla serietà delle operazioni di evacuazione.

“Il mio cuore non si darà pace fino a quando non rimuoveranno il serbatoio dell’acqua”, dice, indicando il serbatoio d’acqua di grandi dimensioni che è stato installato sul terreno  ereditato da suo padre nella regione del Thahir al-Mazari’, in cima ad un’aspra collina, a nord est di Ramallah nella West Bank occupata.

Otto altre famiglie dei villaggi vicini possiedono appezzamenti nella stessa zona.

Quando Mariam si è avvicinata alla scena di evacuazione i soldati israeliani,  dietro i blocchi di cemento, erano in piena allerta. Senza paura, Mariam ha attraversato la strada per guardare quello che stava succedendo sulla terra alla quale era stato proibito l’accesso per decenni.

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Ci sono circa 600.000 cittadini israeliani che vivono in insediamenti illegali e avamposti ebraici solo nella Cisgiordania occupata [Shatha Hammad / Al Jazeera]
Con gli occhi pieni di lacrime, Mariam ripercorre i suoi ricordi essendo cresciuta in questa terra.

“Mi ricordo quando ero un bambina, come ho messo da parte le pietre e i rovi da terra permettere a mio padre di arare il campo, e a mia madre di piantare i semi”, racconta Mariam. La terra che i suoi genitori hanno acquistato, ricorda,  non era coltivabile in quel momento. “Hanno lavorato giorno e notte, per dissodare il terreno fino a farlo diventare  uno dei giardini di Silwad“.

Se mi offrissero tanti soldi quanto il numero dei granelli di terreno sulla mia terra, io non accetterei. Rivoglio la mia terra – non mi interessano i soldi.

Mariam Hammad, proprietaria terriero palestinese

Crescendo, Mariam si è sempre più attaccata alla terra. “Non posso dimenticare il gusto dell’acqua del pozzo nel campo. Era dolce come il miele. Mi ricordo molto bene e vorrei poter tornare a gustarla di nuovo.”

Ricorda che la sua famiglia seguiva un particolare metodo per migliorare l’agricoltura noto come la rotazione delle colture – che vieta la coltivazione delle stesse colture per due stagioni consecutive. “Un anno si piantava  grano, cicerchia, orzo e lenticchie, l’anno successivo pomodori, cetrioli, anguria, okra e girasoli”.

Mentre la sua famiglia possiede una notevole quantità di terra in Silwad, il lotto in cui è stata costruita Amona, prima che fosse preso dai coloni, è rimasto uno dei più fertili, fiorente tutto l’anno.

In un giorno d’estate a metà degli anni ’90, Mariam e suo marito, Mohammad, hanno lasciato i loro otto figli a casa per il lavoro quotidiano di mietitura del grano sulla loro terra.

“Un gruppo di coloni è arrivato mentre stavamo lavorando sul campo. Hanno iniziato a pestare il raccolto e a rovinarlo. Mio marito ha cercato di allontanare i coloni dalla zona”, ricorda Mariam, spiegando che il confronto si era intensificato e i coloni avevano cercato di assaltarli cantando “Questa terra è nostra – fuori da qui.”

Mariam ricorda  come  temeva per la loro incolumità, suo marito dopo aver ritirato i suoi attrezzi da lavoro, li aveva caricati sul suo cavallo e poi insieme si erano allontanati dalla terra.

“Non appena abbiamo girato le spalle e camminato un po’, i coloni hanno dato fuoco alla terra. Tornai indietro di corsa per mettere al sicuro il raccolto più che potevo. Ho avuto la sensazione che dopo quel giorno non mi avrebbero più permesso di entrare nella mia terra”.

Quel giorno segnò l’ultimo viaggio di Mariam nella sua terra.

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“Voglio lasciare la mia terra ai miei 30 figli e nipoti, che ne hanno diritto” ha detto Mariam. L’avamposto di Amona, costruito su sua terra, in lontananza dietro di lei [Shatha Hammad / Al Jazeera]

Il giorno successivo, Mariam e suo marito hanno tentato di accedere alla terra, ma sono stati fermati da coloni e soldati israeliani  armati, ha ricordato.

Poco dopo, Mariam è andata dal capo al Consiglio comunale con i documenti di proprietà per provare la sua titolarità alla terra e chiedendo giustizia, ma senza alcun risultato.

Nei giorni seguenti, quando Mariam e suo marito hanno tentato di avvicinarsi alla zona, una donna di Ein Yabrud, un villaggio vicino, identificata come Rutayba Abdul Kareem Jabra, è stata uccisa mentre camminava verso Thahir al-Mazari ‘, secondo Mariam.

“Portava cibo sulla sua testa  e si stava dirigendo verso i campi. Appena vicina alla zona, i soldati le hanno sparato e uccisa, davanti ai nostri occhi.”

Il capo del consiglio comunale di Ein Yabrud ha confermato l’incidente ad Al Jazeera.

Nel 1997 con la protezione dell’esercito i coloni israeliani hanno costruito l’avamposto di Amona  occupando questa  terra. Hanno ampliato e costruito 40 case, infrastrutture e strutture pubbliche, mentre a Mariam e agli altri proprietari è stato proibito l’accesso  per decenni.

Oggi, dopo una lunga e dura battaglia nei tribunali, con l’aiuto delle organizzazioni israeliane per i diritti umani, Mariam guarda l’evacuazione e la demolizione dell’avamposto, finora il più grande in Cisgiordania, con circa 250 coloni.

Amona è uno dei circa 100 “avamposti” israeliani sparsi in tutto la  West Bank occupata. Israele distingue tra avamposti e insediamenti, gli avamposti sono stati costruiti senza autorizzazione del governo. Entrambi sia gli avamposti che gli insediamenti, tuttavia, spesso comportano l’occupazione di terreni privati palestinesi e sono considerati  illegali dal diritto internazionale.

Nel 2008, l’organizzazione israeliana per i diritti umani Yesh Din ha promosso una petizione a nome di Mariam e altri proprietari, chiedendo la rimozione di Amona. Tre anni fa, la Corte suprema israeliana ha stabilito che Amona nella sua totalità era stata costruita illegalmente su terra palestinese rubata, e ha ordinato la sua demolizione.

Ma contemporaneamente alla fase finale dell’evacuazione, il governo israeliano ha approvato una legge che legalizza il furto di terreni privati palestinesi da parte dei coloni israeliani per gli avamposti, questo potrebbe impedire future evacuazioni.

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insediamenti e avamposti israeliani, che sono circa 225, si trovano nella zona C, e costituiscono il 60 per cento della Cisgiordania occupata. Circa il 70 per cento della superficie C è off limits per lo sviluppo e la costruzione palestinese [Shatha Hammad / Al Jazeera]
La legge considererà  4.000 case costruite da ebrei israeliani nella Cisgiordania occupata come legali, a condizione che i coloni possano dimostrare che non erano a conoscenza della proprietà privata o di eventuali regolamenti statali.

Secondo la legge, ai proprietari terrieri palestinesi potrebbe essere offerto un risarcimento o un altro lotto di terreno, anche in caso di rifiuto.

Fino ad oggi, i coloni israeliani di Amona sostenevano che la terra era abbandonata quando  sono arrivati. “Gli arabi non hanno vissuto lì, era una montagna rocciosa disabitata”, ha detto un residente a gennaio.

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Mariam e la sua famiglia sono riusciti a ottenere 100 alberelli d’ulivo, uva, arancia, limone, sperando un giorno di poterli piantare nella loro terra [Shatha Hammad / Al Jazeera]
Con Silwad alle spalle, il maggiore dei nipoti di Mariam,  Abdulhamid Hammad, di 20 anni, abbraccia la nonna e la bacia sulla fronte. “Mia nonna ricorda ogni angolo della terra”, ha detto.

“Lei ce ne parla e ci ha chiesto di recuperarla, proteggerla, e coltivarla come ha fatto lei e mio nonno.”

In attesa di tornare al suo campo, Mariam aspetta con fiducia, e guarda il suo appezzamento di terreno. “Se mi offrissero tanti soldi quanto il numero dei granelli di terreno sulla mia terra, io non accetterei. Rivoglio la mia terra – non mi interessano i soldi.” ha detto.

“Sento il suolo  della nostra terra che mi attraversa le  vene. Un giorno, sulla mia terra vale una vita.”

 

Trad. Invictapalestina.org

Fonte: http://www.aljazeera.com/indepth/features/2017/02/west-bank-day-land-worth-lifetime-170208064744452.html

 

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